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LA MEMORIA DEL TRAUMA. QUANDO DIVIDERE MENTE E CORPO NON HA SENSO

Aggiornamento: 1 mag 2023

Avviso che è un post lungo … prepara coperta e tisana 🤣




Secondo me, ogni scuola di terapia manuale dovrebbe insegnare che non è producente suddividere il trauma in trauma fisico o trauma emotivo: 𝐢𝐥 𝐭𝐫𝐚𝐮𝐦𝐚 𝐜𝐨𝐢𝐧𝐯𝐨𝐥𝐠𝐞 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐢 𝐢 𝐩𝐢𝐚𝐧𝐢 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐯𝐢𝐯𝐞𝐧𝐭𝐞 (𝐦𝐚𝐭𝐞𝐫𝐢𝐚𝐥𝐞, 𝐞𝐦𝐨𝐭𝐢𝐯𝐨, 𝐦𝐞𝐧𝐭𝐚𝐥𝐞, 𝐬𝐩𝐢𝐫𝐢𝐭𝐮𝐚𝐥𝐞, 𝐞𝐧𝐞𝐫𝐠𝐞𝐭𝐢𝐜𝐨…). Inoltre, dovrebbe aiutare i futuri terapeuti a 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐫 𝐠𝐞𝐬𝐭𝐢𝐫𝐞 𝐥𝐚 𝐫𝐢𝐬𝐩𝐨𝐬𝐭𝐚 𝐯𝐞𝐠𝐞𝐭𝐚𝐭𝐢𝐯𝐚 (forte calore, tremori, lacrime, gemiti) che il corpo manifesta in seguito a un rilascio di un blocco somato-emozionale, che può avvenire anche senza l’intenzione del terapeuta. Dovrebbe spiegare che il 𝐭𝐨𝐜𝐜𝐨, 𝐮𝐧 𝐠𝐞𝐬𝐭𝐨, 𝐩𝐨𝐭𝐫𝐞𝐛𝐛𝐞 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞𝐢𝐧𝐯𝐨𝐥𝐨𝐧𝐭𝐚𝐫𝐢𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐮𝐧𝐚 𝐜𝐡𝐢𝐚𝐯𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐚𝐩𝐫𝐞 𝐥𝐚 𝐦𝐞𝐦𝐨𝐫𝐢𝐚 𝐢𝐦𝐩𝐥𝐢𝐜𝐢𝐭𝐚 𝐩𝐫𝐨𝐜𝐞𝐝𝐮𝐫𝐚𝐥𝐞 (coinvolta nelle emergenze, sopravvivenza, attività motorie di abbonamento e allontanamento), ovvero colei che mantiene ancora vivo il trauma.


Far ricordare il trauma senza che la persona abbia gli strumenti per “osservarlo” nuovamente è incompetenza o arroganza o ignoranza.

Ricercare volutamente il rilascio vegetativo senza che la persona si senta in sicurezza e senza che noi terapeuti sappiamo gestirlo è rischioso.

Spero che la MODA DEL MOMENTO DI LAVORARE SULLE EMOZIONI possa essere vista come tale e che si riesca a distinguere chi lo fa per curiosità personale dal professionista che invece lo gestisce con padronanza. Consapevoli che anche il professionista può sbagliare, ma almeno le probabilità sono ridotte.


Torniamo a noi…

𝐂𝐫𝐞𝐝𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐭𝐢𝐚 𝐚𝐧𝐝𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐦𝐨𝐥𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐦𝐨𝐝𝐚 𝐢𝐥 𝐭𝐞𝐦𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐞𝐦𝐨𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐩𝐞𝐫𝐜𝐡é 𝐢𝐧𝐢𝐳𝐢𝐚 𝐚𝐝 𝐞𝐦𝐞𝐫𝐠𝐞𝐫𝐞 𝐜𝐨𝐧 𝐟𝐨𝐫𝐳𝐚 𝐮𝐧 “𝐌𝐀𝐋𝐄 𝐃𝐈 𝐕𝐈𝐕𝐄𝐑𝐄”, 𝐮𝐧 𝐬𝐞𝐧𝐭𝐢𝐫𝐬𝐢 𝐚𝐧𝐞𝐬𝐭𝐞𝐭𝐢𝐳𝐳𝐚𝐭𝐢 𝐞 𝐚𝐥𝐥𝐨 𝐬𝐭𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐭𝐞𝐦𝐩𝐨 𝐢𝐦𝐩𝐚𝐮𝐫𝐢𝐭𝐢 𝐝𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐯𝐢𝐭𝐚, 𝐮𝐧 𝐬𝐞𝐧𝐭𝐢𝐫𝐬𝐢 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐫𝐢𝐜𝐞𝐫𝐜𝐚 𝐝𝐢 “𝐮𝐧 qualcosa in 𝐩𝐢ù 𝐜𝐡𝐞 𝐝𝐢𝐚 𝐬𝐨𝐝𝐝𝐢𝐬𝐟𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞”. Ma quante persone trascinate da questa moda, sono disposte davvero ad “attraversare il bosco” del dolore? Quante sperano in una terapia che CANCELLI IL DOLORE E ANCHE I RICORDI?

Capisco la paura, capisco il “volere e non volerlo allo stesso tempo”. Accompagno le persone lungo il sentiero della guarigione profonda fino a che loro sentono di poterlo fare, se cercano una soluzione facile e veloce, che secondo me non li aiuta ad osservare, almeno, la causa, di solito consiglio altri miei colleghi.


Quindi proseguiamo…


𝐋’𝐚𝐧𝐠𝐨𝐬𝐜𝐢𝐚 𝐞𝐬𝐢𝐬𝐭𝐞𝐧𝐳𝐢𝐚𝐥𝐞, 𝐜𝐨𝐦𝐞 𝐠𝐢à 𝐜𝐢 𝐝𝐢𝐜𝐞𝐯𝐚 𝐖𝐚𝐭𝐳𝐥𝐚𝐰𝐢𝐜𝐤 𝐧𝐞𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐧𝐧𝐢 ‘60, è 𝐥𝐚 𝐝𝐢𝐬𝐜𝐫𝐞𝐩𝐚𝐧𝐳𝐚 𝐭𝐫𝐚 𝐜𝐢ò 𝐜𝐡𝐞 è 𝐞 𝐜𝐢ò 𝐜𝐡𝐞𝐝𝐨𝐯𝐫𝐞𝐛𝐛𝐞 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞, tra le proprie percezioni e la propria visione del mondo. È il rapporto egocentrico che 𝐥’𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞𝐮𝐦𝐚𝐧𝐨 𝐭𝐞𝐧𝐝𝐞 𝐚𝐝 𝐚𝐯𝐞𝐫𝐞 𝐧𝐞𝐢 𝐜𝐨𝐧𝐟𝐫𝐨𝐧𝐭𝐢 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐕𝐢𝐭𝐚 (𝐨 𝐝𝐞𝐬𝐭𝐢𝐧𝐨, 𝐟𝐚𝐭𝐨, 𝐃𝐢𝐨…), 𝐜𝐨𝐧 𝐜𝐮𝐢 𝐢𝐧𝐬𝐭𝐚𝐮𝐫𝐚 𝐮𝐧𝐚 𝐫𝐞𝐥𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞: 𝐭𝐫𝐚𝐭𝐭𝐢𝐚𝐦𝐨𝐥𝐚 𝐕𝐢𝐭𝐚 𝐜𝐨𝐦𝐞 𝐮𝐧𝐚 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐧𝐞𝐫 𝐜𝐡𝐞 𝐚𝐜𝐜𝐞𝐭𝐭𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐨 𝐫𝐞𝐬𝐩𝐢𝐧𝐠𝐢𝐚𝐦𝐨, 𝐝𝐚 𝐜𝐮𝐢 𝐜𝐢 𝐬𝐞𝐧𝐭𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐚𝐜𝐜𝐞𝐭𝐭𝐚𝐢, 𝐫𝐞𝐬𝐩𝐢𝐧𝐭𝐢 𝐨 𝐭𝐫𝐚𝐝𝐢𝐭𝐢 … arriviamo a credere che una malattia non sia altro che la Vita stia violando il patto con noi, sentendoci traditi. Invece che osservare che la malattia potrebbe essere un avvertimento sul nostro stile di vita poco salutare.


𝐂𝐨𝐧 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐯𝐢𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐞𝐠𝐨𝐜𝐞𝐧𝐭𝐫𝐢𝐜𝐚 𝐧𝐨𝐧 𝐚𝐧𝐝𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐥𝐨𝐧𝐭𝐚𝐧𝐨 𝐬𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐩𝐫𝐨𝐯𝐚𝐫𝐞 𝐚𝐧𝐠𝐨𝐬𝐜𝐢𝐚 𝐞 𝐛𝐢𝐬𝐨𝐠𝐧𝐨 𝐝𝐢 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐨𝐥𝐥𝐨. 𝐑𝐢𝐬𝐜𝐡𝐢𝐚𝐧𝐝𝐨𝐝𝐢 𝐯𝐨𝐥𝐞𝐫 𝐜𝐚𝐧𝐜𝐞𝐥𝐥𝐚𝐫𝐞 𝐢 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐢 𝐭𝐫𝐚𝐮𝐦𝐢 𝐚𝐧𝐳𝐢𝐜𝐡é 𝐩𝐨𝐭𝐞𝐫 𝐚𝐩𝐩𝐫𝐞𝐧𝐝𝐞𝐫𝐞 𝐝𝐚 𝐞𝐬𝐬𝐢 e fare in modo che ciò che abbiamo imparato passi di generazione di generazione. Infatti, 𝐬𝐚𝐩𝐩𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐢𝐥 𝐭𝐫𝐚𝐮𝐦𝐚 𝐩𝐚𝐬𝐬𝐚 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐬𝐮𝐜𝐜𝐞𝐬𝐬𝐢𝐯𝐞 4 𝐠𝐞𝐧𝐞𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢, questo significa anche che se noi 𝗶𝗺𝗽𝗮𝗿𝗶𝗮𝗺𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗲 𝘀𝘁𝗿𝗮𝘁𝗲𝗴𝗶𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝗳𝗮𝗿 𝗳𝗿𝗼𝗻𝘁𝗲 𝗮𝗱 𝗲𝘀𝘀𝗼 𝗽𝗼𝘀𝘀𝗶𝗮𝗺𝗼 𝘁𝗿𝗮𝘀𝗺𝗲𝘁𝘁𝗲𝗿𝗲 𝗮𝗶 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗶 𝗳𝗶𝗴𝗹𝗶 𝗹𝗲𝗽𝗼𝘀𝘀𝗶𝗯𝗶𝗹𝗶 𝘀𝗼𝗹𝘂𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 che noi abbiamo sperimentato… bellissimo no?


Viviamo in un'epoca in cui la cancellatura di ricordi traumatici o comunque dolorosi è diventata una possibilità molto reale. (Vedi infondo per bibliografia).

Ma se non impariamo dagli errori della nostra vita affettiva, siamo destinati a ripetere senza fine il passato con chiunque siamo spinti a incontrare. Cancellare la memoria può produrre esiti mostruosi, se il soggetto è condannato a ripetere penosi errori senza riflessione cosciente né apprendimento.


Vi riporto cosa scrive Peter Levine, esperto in trauma e memoria:


“𝐋𝐚 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐨𝐢𝐧𝐝𝐢𝐜𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥'𝐞𝐥𝐢𝐦𝐢𝐧𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐢 𝐫𝐢𝐜𝐨𝐫𝐝𝐢 𝐝𝐨𝐥𝐨𝐫𝐨𝐬𝐢 è 𝐜𝐡𝐞 𝐢𝐥 𝐝𝐨𝐥𝐨𝐫𝐞 𝐬𝐩𝐞𝐬𝐬𝐨 è 𝐢𝐥 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐨 𝐦𝐢𝐠𝐥𝐢𝐨𝐫𝐞 𝐦𝐚𝐞𝐬𝐭𝐫𝐨. 𝐋𝐚 𝐦𝐚𝐭𝐮𝐫𝐢𝐭à 𝐜𝐨𝐧𝐬𝐢𝐬𝐭𝐞 𝐧𝐞𝐥𝐥'𝐢𝐦𝐩𝐚𝐫𝐚𝐫𝐞 𝐝𝐚𝐠𝐥𝐢 𝐞𝐫𝐫𝐨𝐫𝐢 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐢𝐮𝐭𝐢 𝐞 𝐝𝐚𝐥𝐥𝐞 𝐥𝐨𝐭𝐭𝐞 𝐬𝐮𝐩𝐞𝐫𝐚𝐭𝐞. Davvero l'autentica saggezza non si conquista gratis. Nella lingua danese c'è una parola bellissima che rimanda proprio a questo processo: gennemleve, che significa all'incirca vivere qualcosa fino in fondo, sempre consapevoli e in contatto col processo in corso, per arrivare infine a riconciliarsi con tutto ciò.

Con l'industria farmaceutica già in pista nella ricerca sui farmaci per cancellare i ricordi (in vista del trattamento delle fobie), tutto ta pensare che sia disposta a investire centinaia di milioni (se non miliardi) di dollari per lanciare sul mercato questi prodotti. Si può prevedere che la regolamentazione a opera del Congresso sia ridotta al minimo minimo grazie a efficaci pressioni e che le campagne pubblicitarie in TV e su internet siano travolgenti, il tutto a dispetto di potenziali abusi ed effetti collaterali. La potenzialità di una manipolazione di massa a fini politici ed economici non può essere affatto esclusa o minimizzata.

Viene un brivido di orrore pensando all'eventualità di uso su larga scala di sostanze per la manipolazione della memoria, da parte di equivoci politicanti interessati a cancellare o potenziare certi ricordi. Fantascienza? Forse nel xx secolo, ma certo non nel XXI. 𝐋𝐚 𝐫𝐢𝐜𝐞𝐫𝐜𝐚 𝐬𝐮𝐥𝐥𝐚 𝐜𝐚𝐧𝐜𝐞𝐥𝐥𝐚𝐭𝐮𝐫𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐦𝐞𝐦𝐨𝐫𝐢𝐚 è 𝐟𝐨𝐫𝐬𝐞 𝐮𝐧𝐚 𝐬𝐩𝐢𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐩𝐢𝐠𝐫𝐢𝐳𝐢𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐚 𝐜𝐮𝐥𝐭𝐮𝐫𝐚, 𝐜𝐡𝐞 𝐜𝐞𝐫𝐜𝐚 𝐬𝐨𝐥𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐞𝐬𝐜𝐥𝐮𝐬𝐢𝐯𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐚𝐭𝐭𝐫𝐚𝐯𝐞𝐫𝐬𝐨 𝐢 𝐟𝐚𝐫𝐦𝐚𝐜𝐢, 𝐬𝐢𝐚𝐧𝐨 𝐞𝐬𝐬𝐢 𝐚𝐧𝐭𝐢𝐝𝐞𝐩𝐫𝐞𝐬𝐬𝐢𝐯𝐢, 𝐬𝐭𝐢𝐦𝐨𝐥𝐚𝐧𝐭𝐢, 𝐚𝐧𝐬𝐢𝐨𝐥𝐢𝐭𝐢𝐜𝐢, 𝐬𝐨𝐧𝐧𝐢𝐭𝐞𝐫𝐢 𝐨 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐨, 𝐚𝐧𝐳𝐢𝐜𝐡é 𝐜𝐡𝐢𝐚𝐦𝐚𝐫𝐞 𝐚 𝐫𝐚𝐜𝐜𝐨𝐥𝐭𝐚 𝐥𝐞 𝐜𝐚𝐩𝐚𝐜𝐢𝐭à 𝐜𝐫𝐞𝐚𝐭𝐢𝐯𝐞 𝐮𝐦𝐚𝐧𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐠𝐞𝐧𝐞𝐫𝐚𝐫𝐞𝐚𝐮𝐭𝐨𝐫𝐞𝐠𝐨𝐥𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐞 𝐫𝐞𝐬𝐢𝐥𝐢𝐞𝐧𝐳𝐚.”


Per cui mi ritrovo a scrivere che il dolore è necessario, che la consapevolezza di sé  e la presa di responsabilità della propria salute sono necessarie per una guarigione.

La farmacologia è un aiuto, non la soluzione.


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Dottoressa Nicoletta De Col

Osteopata e MCB

Laureata in psicologia sociale


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E. G. Meloni, T. E. Gillis, J. Manoukian e M. J. Kaufman, "Xenon Impairs Re-consolidation of Fear Memories in a Rat Model of Post-Traumatic Stress Disorder (PTSD)", PLoS One 9, n. 8 (27 agosto 2014). DO1: 10.1371/journal.pone.0106189.




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