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Immagine del redattoreNicoletta De Col

Nel proprio destino


Alcuni miei post nascono così: con una forza che arriva da dentro e scrive al posto mio.


Le persone incrociano il mio cammino (o io il loro) quando sono in un periodo difficile della loro vita, particolarmente buio, di smarrimento e/o profondo cambiamento. Non arrivano solo per un “dolore alla schiana” o un “fastidio al braccio”, sentono dentro se stessi una voce che li spinge a considerare nuove possibilità, mi chiedono di aiutarli a trovare una “visione più ampia di sé”.

Sostenerli nelle loro insicurezze, aiutarli a vedere le risorse di cui già dispongono, favorire il dialogo con sé stessi, attraverso la percezione del corpo e la conoscenza del loro dolore, è ciò che sento di poter fare in questo mondo.


Non mi vergogno più a dire che non uso solo ciò che ho studiato, ma anche la mia percezione con cui sono nata e che ho allenato; là si potrebbe chiamare medicina intuitiva, osteopatia delle origini, reiki, pranoterapia, chissà … potrebbe avere tanti nomi, per tanti anni ho cercato di darle un nome. In questo periodo che ho smesso di volerla etichettare, mi sento meglio e le persone pure. Lascio che le mie mani siano strumenti ed eseguano ciò che i tessuti biologici chiedono.


In un cuore che sussulta non c’è solo la parola “tachicardia”, c’è un respiro faticoso, la fatica di vivere, di gestire un trauma recente e meno.


In una spalla “più alta”, non ce solo un trapezio in iper tono, c’è il voler controllare le oscillazioni del corpo, perché tutto il resto nella vita è diventato troppo.


In un piede pronato non c’è bisogno di un plantare, se non si ascolta il cedimento di un pavimento pelvico è un respiro quasi assente.


Ascolto… io ascolto. E chiedo, faccio domande. Perché le domande ci fermano, ci spostano, ci fanno volgere lo sguardo dentro di noi. Io ascolto… ascolto i tessuti biologici e faccio le domande che il corpo formula. La risposta vera per se stessi, libera i tessuti; la risposta solo razionale non libera nulla. A volte sembra di giocare a nascondino: tante risposte date, ma si aspetta l’ultima che liberi tutti! Perché le prime risposte si possono dare per cortesia, per automatismo, per dire qualcosa, ma poi i silenzi arrivano e spesso nel silenzio c’è il seme della risposta giusta per quella persona.


Ma alla fine cosa ho scritto? Cosa sentivo di così bello dentro da volerlo condividere?

Che ogni giorno incontro luci e ombre delle persone (anche le mie).


Soprattutto volevo dire che vi auguro di trovare il modo di intraprendere il vostro cammino, di prendere la consapevolezza di chi siete, di rimanere nel vostro destino, di non smarrirvi, di trovare il coraggio di rimanere nel sentiero che sentite vostro. Tutto ciò che arriva ci porta alla consapevolezza, anche quando noi perdiamo la Fiducia.



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