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Un nuovo inizio… dal “bene un c*” al “si può fare”

Da adesso sento la necessità di cambiare il mio modo di scrivere: prima scrivevo per offrire informazioni. Adesso sento che non è questa la mia via, credo sia giunto solo il momento di condividere, di descrivere il mio modo di vedere il mondo, si sentirlo e di viverci, poi ognuno prenderà le informazioni che gli serviranno, di conseguenza.

Non importa quanti leggeranno (il mio ego si incazzerà parecchio), quanti saranno d’accordo (il mio ego soffrirà), e via dicendo. Quel che sento che mi importa davvero è che le mie esplorazioni dei sentieri in questa vita possano essere d’aiuto a chi chiederà indicazioni o a chi servirà una parte della mappa che ho disegnato. Ma ricorda: quella mappa è disegnata in base a come io vedo la vita e a quello che io ho cercato. Quindi fai sempre riferimento a quello che senti tu, a quello che senti vero per te stesso… ognuno disegna le mappe a seconda di quel che cerca, e quello che cerchiamo determina quello che vediamo.

Questo nuovo inizio è nato da una serie di vicissitudini, quella determinante è stata notare come le persone in questo periodo abbiano meno coraggio di rispondere sinceramente alla domanda “come stai?”, già prima si rispondeva in modo automatico “bene”, ma almeno in alcuni casi sembrava più semplice rispondere. Adesso sembrano esserci così tante sfumature di risposte che al “come stai?” rispondiamo “bene” per comodità più che per automatismo, nel frattempo dentro la testa ci può essere una cosa tipo questa: “che caz rispondo io adesso? Ci sarebbero così tante cose da dire porca p*… se dico tutti gli sbalzi d’umore questa mi prende per matta, se dico che vorrei ammazzare tutti ma allo stesso tempo ho bisogno di stare con gli altri …”

… insomma, alla fine rispondiamo un striminzito: “bene, tu?”. Sentendo che il cuore ti tira la manica come un bambino di due anni coi lacrimoni, perché aveva l’opportunità di far uscire un po’ della merd* che ha dentro. (Scusate le parolacce, ma alcune cose hanno bisogno di enfasi).


Senza parlare che se ti sbilanci un po’ dicendo “abbastanza bene!” In questo periodo è facile che ti dicano: “hai il virus?”,

e se dici di no,

loro: “ah beh allora tutto bene!”.

E tu vorresti dire: “bene, una minchia! la salute mica è solo <virus o non virus>! Ho perso il lavoro, ho avuto un aborto, mi sto separando, devo vendere la casa…” (sono esempi)

Quindi di nuovo la falsità: “eh sì, sono fortunata” mentre senti l’altra manica tirare: come se un altro bambino di due anni ti si piazza a fianco e urla coi lacrimoni perché si sente preso a pugni.


Quei bambini siamo noi, che in questo periodo non siamo solo isolati perché una famiglia di decreti L. ci sta dicendo come dovremmo vivere, ma perché il nostro cuore vorrebbe essere sincero e non riesce ad esserlo. E il mio inizio (non so il tuo) è di aver deciso d’essere sincera con me stessa (per iniziare). Quindi, mi chiederai: “e allora come stai?”…


sto… sto come se fossi davanti al mare, a porre infinite domande, e il mare onda dopo onda si porta via una domanda alla volta. E io sto … resto… e sento che restando lasciando il peso delle mie domande a quella Marea … resto, e non resta altro che Me. Me nelle mie paure, nella mia tristezza, sconforto, piccole e grandi gioie…

Sto come se fossi un marinaio davanti al mare che sa che non puó fare altro se non affidarsi alle proprie capacità e il resto lasciarlo a Dio (Uno, Intelligenza Superiore,…)

un abbraccio e buon cammino

Nicoletta De Col

www.nicolettadecol.com

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