RIFLESSIONE DELLA SETTIMANA
“Il tempo per ogni cosa? O forse il tempo di ogni essere?”
Nella fretta non si vive, si fa. Nel fare si esprime qualcosa… ma che fare è senza un essere?
Il linguaggio e i pensieri (che altro non sono che un linguaggio mentale) generano cambiamenti tangibili nei nostri comportamenti e modo di osservare il mondo (interiore ed esteriore).
Per cui è diverso dire “il tempo per ogni cosa” da “il tempo di ogni essere”.
Il “tempo per ogni cosa” fa presupporre che si faccia qualcosa con lo scopo di ottenerne un’altra, quindi il tempo diventa un mezzo, uno strumento, una cosa che viene utilizzata con poca attenzione, perche tutta l’attenzione è riversata sull’obiettivo. È la maniera che ci hanno insegnato in particolare negli ultimi 200 anni: rincorrere obiettivi, per sentirci appagati, obiettivo dopo obiettivo nella rincorsa contro il tempo per essere migliori degli altri. In questo modo non c’è motivo di fermarsi ad ascoltare le proprie emozioni, non c’è motivo di fermarsi se si è doloranti o malati, non c’è motivo di fermarsi ad osservare la natura.
Il “tempo di ogni essere” aiuta ad osservare come il tempo sia intrinseco, appartiene ad un essere, quindi a un vivente. In questo modo il tempo è una condizione del vivente, il tempo lo si vive, non è più un mezzo, anzi è un vuoto vibrante pieno di potenziale creativo, da cui tutto può nascere.
In questo modo non è importante il fare, ma l’essere, perché è dall’essere che emerge il fare autentico e intriso della particolarità di ogni individuo. Il tempo offre all’essere vivente la potenza per l’atto creativo, allora da qui è possibile fermarsi ad osservare un tramonto, osservare le proprie emozioni, osservare la Natura e da ogni osservazione trarne insegnamento.
Dottoressa Nicoletta De Col
Osteopata
Laureata in psicologia sociale
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