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Un terapeuta dovrebbe sapere che nono esistono emozioni negative, perché le emozioni sono strumenti che Madre Natura ci ha offerto, studiarle nella loro fisiologia permette di capire quando vengono usate in modo salutare e quando in modo disfunzionale.
Se osserviamo le emozioni con occhio occidentale che tende a condannare ciò che è ritenuto male e a volere solo ciò che è ritenuto bene, perderemo occasioni preziose per imparare. Sento spesso dire “se mi arrabbio poi ho una vibrazione sbagliata e richiamo solo cose che mi fanno arrabbiare”, “voglio essere positiva perché così richiamo solo cose positive”. Queste frasi d’esempio fanno capire quanto abbiamo storpiato le saggezze orientali, le quali osservano l’equilibrio universale come direttore di orchestra delle nostre vite, dove ogni cosa ha il suo posto, al momento adatto, dove non esiste né bene né un male assoluto, ma una danza tra costruzione e distruzione, tra poli opposti, entrambi necessari e utili. Invece noi condanniamo la distruzione, sentenziamo su cosa sia male in assoluto, come bambini viziati vogliamo solo quel che noi giudichiamo essere bene. Questo porta a definire alcune emozioni come negative in senso dispregiativo, un male assoluto, con la conseguente tendenza ad evitarle, soffocarle, reprimerle, con inevitabili conseguenze: contratture, difficoltà a dormire, ansia, fobie, dipendenze (relazionali, da cibo, droghe).
Signori miei, la distruzione è necessaria, fondamentale: nel nostro corpo le cellule devono morire per potersene rigenerare di nuove. La continua crescita cellulare altro non è che un cancro! La morte è necessaria, fondamentale per un equilibrio universale, altrimenti non ci sarebbe più nascita e creazione.
Le emozioni sono movimenti che ci portano verso la distruzione o la creazione di parti di noi. È una CONTINUA DANZA TRA LA NASCITA E LA MORTE DI NOI STESSI.
Anche la morte di persone care offre più spazio a parti di noi. Porto degli esempi personali, perché mi rendo conto di scrivere cose che possano sembrare eccessive, ma vi assicuro che la morte si può accettare solo attraverso un ascolto delle nostre emozioni, “attraversando il bosco” dico ai miei pazienti. Per esempio, quando morì mio padre mi fu chiaro quali fossero le sue credenze che avevo fatto mie, per cui scelsi quali lasciare per poter vivere come credevo davvero, anziché come lui aveva deciso, in questo modo l’insicurezza per averlo perso fu sorpassata dando più sicurezza alla donna che ero diventata. Oppure quando ho avuto due aborti: è stata una difficoltosa opportunità di dare spazio all’amore e alla capacità di accettare le cose che non dipendono da me, su cui non posso avere controllo. Questo apprendimento è stato possibile solo entrando nel “bosco delle emozioni”, osservando le ferite, prendendomene cura.
A cosa servono le emozioni?
La TRISTEZZA è c’è bisogno di rimanere in quel buio, in cui brillano le proprie lacrime e... seguirle. La luce delle lacrime, delicata, tenue, conduce a passi lenti verso il proprio cuore. Tutta la “postura della tristezza” conduce al cuore. Quel cuore che sussurra e ha bisogno che noi ci avviciniamo per sentirlo bene: la TRISTEZZA É L’OPPORTUNITÀ DI ASCOLTARLO. É la capanna dove dimora il nostro spirito guida (SHEN), seduto, ci attende e aspetta di ascoltare la nostra disperazione, i nostri perché...Lui ci ascolta, annuisce e ci aiuta a ricordare attraverso “semplici” domande: qual é la tua intenzione di vita? Quali sono i tuoi valori? Perché senti di essere viva?
Ci aiuta a tornare in noi stesse/i, a ricordare chi siamo e come vogliamo vivere. Allora si capisce, che la tristezza spesso arriva dalla difficoltà di agire secondo quel che dice e vuole il cuore, arriva perché ci sentiamo “fuori posto”, di aver tradito i nostri valori o sentiamo che non riusciamo a perseguirli. Agire col cuore (cor-agio) ... il coraggio arriva dopo un periodo di tristezza.
La RABBIA è un’emozione innata e universale, è la risposta automatica a una minaccia percepita (ciò che noi possiamo percepire come minaccia potrebbe non esserlo per un altro). Questa emozione ci prepara al combattimento: aumenta la pressione, aumentano i battiti cardiaci, porta sangue agli arti superiori, focalizza la mente sull’obiettivo da abbattere.
Spesso è associata alla paura, probabilmente una parte di noi ha paura e la rabbia entra in sua difesa. Probabile che il noi bambino si senta spaventato e una parte (o più) di noi lo difende nel modo in cui abbiamo creduto più utile nel corso delle nostre esperienze.Quando ci sentiamo arrabbiati è necessario chiederci: “cosa mi minaccia? È una minaccia nel qui e ora? O mi riporta a una minaccia avvenuta nel passato? Quale parte di me ha bisogno d’essere difesa?”
La PAURA è un potente cannocchiale che inquadra un pericolo, come tale lo ingrandisce per poterlo analizzare, mettere a fuoco e potervi reagire. Una paura protratta per lungo tempo diventa angoscia. La paura è necessaria per individuare un pericolo, capire cosa si può fare e reagire di conseguenza, quando ci si sente inermi si entra in una fase di congelamento (di solito in situazioni traumatiche). Il nostro bisogno di controllo alimenta la paura come benzina al fuoco. È necessario chiederci: “quale parti di me ha paura? Quanti anni ha? In che situazione si trovava questa parte quando provava quella paura?” Spesso le paure più forti sono connesse con i sé bambini, di fronte a situazioni in cui si sono sentiti indifesi (le nostre parti “rabbiose” spesso li difendono), non supportati, soli, invisibili, ignorati. Quando sentiamo paura spesso è il nostro sé bambino a tirarci la manica e dirci con occhi lucidi”aiutami, ho paura”; come adulti abbiamo la responsabilità di far sentire al sicuro il sé bambino, possiamo imparare a farlo un poco alla volta.
La GIOIA è ciò che ci fa capire cosa ci piace, verso dove dirigerci. È un cuore colmo che dà calore a tutto il corpo, Tra le prime fonti di gioia e appagamento nel mondo animale c’è quella data dal cibo. Non è un caso se dopo una giornata stressante ci rilassiamo con una cena più abbondante e concludendo con un biscottino o qualcosa di dolce o molto appagante; questo ci fa capire che se cerchiamo insistentemente la gioia è probabilmente perché non ci sentiamo appagati, perché ci sentiamo affamati di qualcosa. Quando ci sentiamo gioiosi possiamo chiederci: “cosa mi sta appagando? Di cosa ero affamato? Cosa mi arricchisce? Quale parte di me si accresce attraverso questa situazione?”. La gioia protratta per lungo tempo (come può essere un innamoramento) può portare a una visione distorta della realtà, come per tutte le altre emozioni, che rischia di far sottovalutare alcuni pericoli, o che ci fa ignorare alcune parti di noi che si sentono in pericolo. Come un bambino chiederemo che non vuole smettere di giocare o di mangiare gelato, questa situazione potrebbe diventare pericolosa.
La Natura è ciclica. La Natura offre nascita e morte. La Natura non condanna, non giudica, offre strumenti diversi, adattabili alle situazioni.
Le nostre emozioni, tutte, sono strumenti fondamentali sia per la nostra sopravvivenza sia per la nostra crescita (in toto: biologica, emotiva, spirituale…). Pertanto non esistono emozioni negative. Voler vivere solo felici o cercare di evitare di essere arrabbiati è un’illusione, una violenza che si fa a se stessi e una mancanza di maturità.
Vi auguro buon viaggio nel bosco delle emozioni.
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Dottoressa Nicoletta De Col
Osteopata e MCB
Laurea triennale e specialistica in psicologia sociale
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